CESARE CROVA: Silvio Radiconcini. Dalla Casa del restauro all’idea di un’architettura organica

    

Silvio Radiconcini è stato un esponente dell’architettura contemporanea a cavallo fra gli anni Trenta e Quaranta del Ventesimo secolo;  assieme alle figure più celebri del periodo, primo fra tutti Bruno Zevi, ha gettato le basi per una nuova espressione figurativa dell’architettura moderna in Italia,  che confluirà poi  nel cosiddetto Movimento Organico, di cui fu uno dei suoi più validi sostenitori.

L’articolo vuole indagarne la figura, poco studiata dalla storiografia,  attraverso la lettura dei suoi progetti,  scoperti solo di recente negli archivi di famiglia.Già dalle sue prime esperienze professionali, come quella relativa alla realizzazione dell’Istituto Centrale del Restauro a Roma,  e in campo editoriale, nella rivista Metron, emerge il suo interesse per la nuova architettura organica, in seguito codificata dagli scritti di Bruno Zevi. Questa sua propensione per una architettura più aderente alla dimensione umana, più che al monumentalismo razionalista,  lo porterà a progettare, negli anni Quaranta e Cinquanta, a Roma, in collaborazione con gli architetti Luigi Piccinato e lo stesso Bruno Zevi, tre importanti villini e il Ridotto del Teatro Eliseo. A questo si aggiunge l’esperienza che maturò all’estero, negli Stati Uniti, in India e in Madagascar, tra la fine degli anni Cinquanta e quelli Settanta. In particolare, con lo Studio Calini–Montuori collaborò per il progetto della Città Atomica di Trombay, sobborgo di Bombay, oltre a una serie di progetti in altre città indiane. Un'altra esperienza importante è quella che lo vede impegnato  nel progetto per l’Hospital Principal de Tananarive–Ampelofiloha (1965), il più importante ospedale della città malgascia, e in seguito in quello per il reparto pediatrico (1970), che però rimase solo un disegno sulla carta.
Un’attività intensa, anche in Italia, che lo porterà a essere considerato dallo stesso Bruno Zevi, un autentico architetto “non costruttore”.

Silvio Radiconcini. From a house for restoration to an organic architecture

Between the 1930s and 1940s Silvio Radiconcini was one of the exponents of contemporary architecture. He worked alongside some of the most famous architectural figures of the time, principally Bruno Zevi, putting down the grassroots of a new figurative expression for modern Italian architecture. This new movement found its place in the Movimento Organico, with Radiconcini as one of its most important supporters.
This paper looks into Radiconcini as a person, a side little touched on in previous journals, by looking at what he hoped to project, using recently uncovered family archives. His very first professional projects already revealed his interest in the new “organic” architecture. This can be seen in both his project for the Istituto Centrale del Restauro in Rome and his contributions to editions of Metron, a monthly architectural magazine. Bruno Zevi was later to put down in words the concepts behind the movement. Between the 1940s and 1950s, Radiconcini’s tendency towards a form of architecture closer to human dimensions, as opposed to the monumentalism of rationalist architecture, led him, alongside Luigi Piccinato and Bruno Zevi himself, to design three important townhouses and the Ridotto of the Teatro Eliseo.
Between the 1950s and ‘60s he added to and matured his architectural experience abroad, in the United States, India and Madagascar. In particular he collaborated on the Bhaba Atomic Research Centre in Trombay, a suburb of Mumbai, then Bombay, as well as other projects throughout India. Another major project was his 1965 involvement in the design of the Hospital Principal de Tananarive–Ampelofiloha in Madagascar, followed by plans for its paediatric department in 1970, which remained on paper and nothing more.
His intense activity led Bruno Zevi to consider him an authentic architect, not just a “builder”.