Pier Luigi Porzio: I restauri del Novecento. La ricomposizione dell'immagine della chiesa dopo l’attentato del luglio 1993

    

Estratto dal Volume Speciale: LA CHIESA DI SAN GIORGIO IN VELABRO A ROMA. Storia, documenti, testimonianze del restauro dopo l'attentato del Luglio 1993 (2002)

Il più significativo intervento del secolo scorso, sulla basilica, è da riferire all’opera di Antonio Muñoz (1884-1960) il quale attraverso un’impegnativa operazione di ripristino riporta la chiesa alla sua “presunta” condizione originaria. Muñoz, Soprintendente ai Monumenti di Roma (1914-1928), dapprima tenta di risolvere l’annoso problema dell’umidità con l’allargamento delle intercapedini e la riparazione dei tetti ed in seguito ristabilisce, nell’ottica del recupero della “primitiva e semplice bellezza” dell’ edificio medievale, la quota originaria del pavimento che, modificato nel corso dei secoli, nascondeva le basi delle colonne delle navate e riapre, nel claristorio, alcune finestre rintracciate durante i saggi, sostituendole così a quelle più grandi esistenti prima del suo intervento.
Il saggio ripercorre, quindi, tutte le fasi del ripristino intrapreso da Muñoz il quale per ricreare, all’interno, un effetto «medievale» procede nella demolizione dei «rozzi altari in stucco dell’Ottocento» e della sagrestia ottocentesca, ottenuta tamponando la prima campata della navata laterale destra; si procede altresì nella modifica dell’area presbiteriale attraverso l’eliminazione delle balaustre ottocentesche e l’aggiunta di due gradini alla scala di accesso. All’esterno Muñoz sostituisce il pavimento in cotto del portico con uno nuovo di mattoni disposti a spina, lasciando in vista, però, un tratto dell’originario lastricato di marmo bianco.
Successivi interventi vengono intrapresi dalla Soprintendenza ai Monumenti del Lazio in anni diversi: 1956 (restauro dell’affresco del catino absidale attribuito a Cavallini), 1962 (restauro delle coperture, consolidamento del ciborio) e 1993 (restauro del tetto della navata destra). L’Autore prosegue analizzando le fasi che hanno caratterizzato la ricostruzione del portico a seguito degli ingenti danni provocati dall’atto terroristico del 1993. La Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici di Roma, insieme con le forze politiche, decisero, allora, la ricomposizione dell’immagine originaria del portico e della facciata soprattutto per il desiderio di fornire una “risposta” forte e civile ad un atto di barbara violenza; la ricostruzione è stata, altresì, favorita dal recupero di un’elevata quantità di materiali intrapreso attraverso un meticoloso lavoro di ricerca, selezione e catalogazione.
Nel cantiere, allestito con solerte impegno, dopo una prima operazione di recupero dei frammenti, si è avviato un delicato intervento di consolidamento di una delle piattabande laterizie del portico, in origine nel fregio, rimasta, dopo il crollo, quasi del tutto integra; è stato così possibile ricollocare, con un’operazione di rafforzamento e ingabbiatura, il frammento architettonico nella sua sede originaria. Inoltre, tutti i mattoni recuperati nel crollo sono stati reimpiegati per ricostruire gli elementi murari del portico, in particolar modo il pilastro destro, andato quasi completamente distrutto; per il ripristino del fronte interno del portico, invece, sono stati adoperati laterizi nuovi del tutto simili a quelli medievali che portano incisa, in alcuni punti la data della collocazione (1995). Altresì sono state scrupolosamente conservate e riposizionate tutte le parti lapidee recuperate, quali le colonne, i capitelli ionici, le basi, i frammenti dei lacunari che caratterizzano la parte alta dei pilastri, le mensole, le protomi leonine; i segni ricevuti dai frammenti lapidei durante l’esplosione sono stati volutamente lasciati in evidenza a testimonianza dell’evento che ha colpito il monumento. Contemporaneamente si è proceduto nella ricostruzione della breccia nella porzione destra della facciata, tramite un’operazione di risarcitura con mattoni nuovi simili a quelli antichi. L’intervento è stato completato con la riadesione dell’intonaco a finta cortina della parte alta della facciata, con il consolidamento del campanile e la revisione delle coperture; all’interno si è provveduto, oltre che alla bonifica dall’umidità con la stesura di un intonaco speciale di tipo osmotico, al restauro di tutti gli elementi lapidei, del controsoffitto ligneo e dell’antico portone.
 
 
 
The twentieth-century restorations. The recomposition of the image of the churchafter the terrorist attack of July 1993
 
The most significant intervention on the basilica in the last century was that of Antonio Muñoz (1884-1960), who restored the church to its “presumed” original state through a thorough-going programme of renovation. Muñoz, Soprintendente ai Monumenti di Roma (1914-1928), at first tried to solve the intractable problem of humidity by the enlargement of the interspace above the wooden ceiling and by the repair of the roofing itself. Later, as part of a programme aimed at the recovery of the “primitive and simple beauty” of the medieval basilica, he re-established the original level of the floor, which had been modified, and successively raised, in the course of the centuries, concealing the bases of the columns dividing the nave from the aisles. He also re-opened, in the clerestory, some blocked-up windows traced during preparatory surveys of the fabric, and substituted them for the larger windows that existed prior to his intervention.
The paper then traces all the phases of the renovation undertaken by Muñoz. To recreate a “medieval” effect in the interior, Muñoz proceeded to the demolition of the «coarse stucco altars of the 19th century» and the 19th century sacristy, which had been created by walling in the first bay of the right aisle. He also modified the sanctuary area by the elimination of the 19th century balustrade and the addition of two steps to the stairway leading up to the high altar. On the exterior Muñoz replaced the terracotta pavement of the portico with a new floor of bricks laid in a herringbone pattern, though leaving visible a stretch of the original paving of white marble.
Later interventions were undertaken by the Soprintendenza ai Monumenti del Lazio: in 1956 (restoration of the apse fresco attributed to Cavallini), in 1962 (restoration of the roofs, consolidation of the ciborium) and in 1993 (restoration of the roof of the right aisle).
The author continues by analyzing the phases that characterized the reconstruction of the portico following the enormous damage caused by the terrorist act of 1993. The Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici di Roma, together with the political authorities, then decided on the recomposition of the original image of the portico and of the façade, especially with the aim of furnishing a strong civil “response” to an act of barbaric violence. Reconstruction was also facilitated by the recovery of a large quantity of materials undertaken by the meticulous task of sifting through the rubble, selection and cataloguing.
After the preliminary operation of recovering the fragments, a delicate intervention of consolidating one of the brick lintels of the portico, originally in the frieze, was begun; following the collapse, it was found to be almost entirely intact. It was thus possible to reinstate the architectural fragment, suitably reinforced, in its original position. All the bricks recovered from the collapse were also re-used to reconstruct the wall elements of the portico, more particularly the right pilaster, almost completely destroyed by the blast. On the other hand, new bricks, of a kind wholly similar to the medieval ones, were re-used for the renovation of the internal façade of the portico; in some points they are inscribed with the date in which they were installed (1995). All the stone fragments recovered were also scrupulously preserved and repositioned; they include columns, Ionic capitals, column bases, fragments of the coffering that characterizes the upper part of the pilasters, consoles and lion protomes. The signs left by the bomb blast on the stone fragments were deliberately left visible to testify to the event that had struck the monument. At the same time, the breach in the right part of the façade was repaired, through an operation of reintegration using new bricks similar to the old ones. The intervention was completed by the replastering of the upper part of the façade, the consolidation of the bell-tower and the renovation of the roof. The humidity inside the basilica was treated with the application of a special plaster of osmotic type. All the stone elements, the wooden ceiling and the ancient entrance-door were also restored.