Nota introduttiva della Redazione (dal Volume Speciale: La "Fabrica" di San Carlino alle Quattro Fontane: gli anni del restauro)

    

Il Volume espone il percorso delle scelte attuate dalla direzione lavori della Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio di Roma finalizzate al restauro, alla conservazione e ad una rilettura storica della chiesa e del convento di San Carlino alle Quattro Fontane nella sua complessa realtà di spazi e superfici.
Le scelte sono state guidate dalla riscoperta delle intenzioni costruttive e formali del grande architetto ideatore Francesco Borromini ed ha richiesto in qualche caso la rimozione di apparati troppo invasivi, giustificata dall’intento di recuperare l’armonia delle forme così come descrivono le autrici dei testi nel caso della presenza dell’organo di controfacciata o solo intenzionale–progettuale, come nel caso del prospetto del Quarto del dormitorio restituito nelle Tavole descrittive.
L’équipe di studiosi, tecnici e restauratori attraverso lo studio ravvicinato delle strutture e delle superfici ha elaborato un programma di interventi dettati dall’urgenza, secondo un piano organico che ha visto impegnato finanziariamente, a partire dal 1986, il Ministero per i Beni Culturali e Ambientali (oggi Ministero per i Beni e le Attività Culturali) coadiuvato, successivamente, dall’intervento di una sottoscrizione promossa in Svizzera, ai quali si sono aggiunte, poi, alcune donazioni private ed il significativo apporto dell’Ufficio Italiano dei Cambi in occasione delle celebrazioni per il cinquantenario della fondazione e molte altre elargizioni di cui si rende conto negli interventi che seguono.
Scopo di questa pubblicazione è quello di illustrare diffusamente il percorso non facile dell’architetto–conservatore–restauratore impegnato, sul filo del cantiere, a discernere le tracce delle mutazioni subite negli anni dalle antiche vestigia esposte ogni giorno, per secoli, alle aggressioni del tempo, del traffico e, talvolta della fruizione stessa del bene: intervenire per salvaguardare, modificare per ottemperare alle nuove imposizioni di legge, sono infatti compiti irrinunciabili per il conservatore. Se queste pagine descrivono dettagliatamente problemi e metodologie di restauro è forse doveroso sottolineare la scelta, operata fin dall’esordio, di non volersi addentrare, se non dove estremamente necessario, in una rivisitazione di studi storico–artistici, comunque imprescindibili, e ai quali peraltro si fa riferimento nelle note di bibliografia. Non si troveranno infatti sistematicamente in didascalia i nomi dei singoli autori delle statue in facciata, i pittori delle pale d’altare, gli artisti che scolpirono stucchi, cornici, decorazioni, elencati nei documenti e descritti nelle guide.
È forse questa l’occasione migliore per auspicare uno studio interamente dedicato alle opere pittoriche presenti all’interno della chiesa, alcune previste dal Borromini stesso, caratterizzate dalle diverse tecniche esecutive come il dipinto ad olio su muro per la pala d’altare e parte dell’affresco recuperato in controfacciata dello stesso autore (Pierre Mignard) di raffinata fattura, ma soprattutto ai grandi dipinti conservati ora nei locali della Sacrestia provenienti dagli altari laterali.
Occorre inoltre un breve cenno sul quadro urbanistico che accoglie l’inserimento del Complesso di San Carlino, a partire dal primo edificio del Quarto del dormitorio, nel quadrivio voluto da Sisto V Peretti alla fine del secolo XVI nell’ambito del suo programma edilizio e viario sottolineato dalle quattro fontane addossate ai cantoni all’incrocio tra la via Felice e la via Pia. Nei primi anni del XVII secolo i padri Trinitari spagnoli acquistarono dalla famiglia Mattei alcune proprietà proprio di fronte al loro palazzo, oggi Del Drago, dove fu costruita la chiesa e il primo nucleo del convento su progetto di Francesco Borromini.
Secondo la teoria di alcuni studiosi, la Domus e il Templum dei Flavi si troverebbero lungo l’Alta Semita (via del Quirinale – via XX Settembre) nei pressi della chiesa di San Carlino, e non sotto la caserma dei corazzieri vicino alla chiesa di Santa Susanna. In questo luogo, tramandato dagli scrittori Romani come ad malum publicum, sorge oggi l’Ufficio Italiano dei Cambi al posto della chiesa e del convento di San Dionigi fondato dai padri Trinitari francesi che si erano stabiliti accanto al complesso di San Carlino. È proprio sotto questo moderno edificio che i resti di murature ritrovati durante la demolizione degli edifici preesistenti, rilevati e restituiti in un plastico, hanno dato consistenza e valore a questa ipotesi.
L’aggiunta settecentesca del convento di San Carlino veniva a collegarsi al preesistente convento e chiesa dei Trinitari francesi (quest’ultima terminata nel 1658 ad opera dell’architetto Giovanni Antonio Macci), costituendo l’articolato fronte stradale della via Felice fino al 1939, anno in cui il complesso dei religiosi francesi fu demolito.