Sabina Recchi: Restauri alle superfici architettoniche

    

Estratto dal Volume Speciale: LA CHIESA DI SAN GIORGIO IN VELABRO A ROMA. Storia, documenti, testimonianze del restauro dopo l'attentato del Luglio 1993 (2002)

L’intervento di restauro di un edificio monumentale articolato e complesso, come quello di San Giorgio al Velabro, ha evidenziato problemi e perplessità che ben s’inseriscono all’interno di un dibattito tutt’ora aperto e sicuramente non risolto nell’ambito della moderna cultura del restauro. Tutto ciò ha posto una serie di problemi conservativi ed imposto scelte estetiche che richiedono l’intervento di figure professionali diverse dalle quali poter attingere le informazioni necessarie al fine di una corretta decisione in corso d’opera delle scelte che quotidianamente si devono affrontare in un cantiere di restauro.
La frequentazione quotidiana del cantiere consente il continuo approfondimento della storia e delle vicende del monumento e contemporaneamente di eseguire saggi mirati alla comprensione dei dati archivistici; ciò permette di non cadere nell’errore di affidare solo ad una serie di analisi chimiche la chiave di lettura attraverso la quale operare scelte significative per la futura immagine del monumento.
L’Autore precisa, quindi, l’orientamento teorico alla base delle scelte tecniche adottate: il rispetto assoluto delle superfici originali nel loro stato di conservazione, con il loro aspetto alterato dal tempo; fermare il processo di degrado, intervenendo solo dove necessario per bloccare l’ulteriore consunzione dei materiali o la loro futura perdita, significa, infatti, rispettare comunque l’invecchiamento e i cambiamenti subiti dai materiali nel tempo. Sarà così possibile, al termine dell’intervento, rileggere, guardando il monumento, la sua storia e la sua età.
Si è, quindi, attuata una pulitura, eseguita in maniera differenziata (acqua atomizzata, spazzole e bisturi), al fine di eliminare solo le sostanze dannose per il degrado, patine biologiche, incrostazioni di sostanze chimicamente dannose ecc. Anche nel caso delle lacune si è operato in maniera diversificata: dove era necessario risarcire le mancanze perché troppo ampie o profonde, quindi compromissive per la stabilità del monumento o per l’interruzione del disegno architettonico, la reintegrazione è stata eseguita con malte che imitassero il più possibile la granulometria e la colorazione di quelle originali e con mattoni antichi così da evitare la patinatura.
Le operazioni di preconsolidamento, pulitura, consolidamento e protezione sono state portate a termine nel campanile - che presentava problemi di dilavamento nei laterizi e negli elementi lapidei -, sulla facciata ottocentesca in finta cortina dove l’intonaco era totalmente decoesionato per il forte dilavamento e aveva perso la sua colorazione originaria, sull’abside - laterizi e malta disgregati e decoesi -, sul portale d’ingresso - depositi superficiali e croste nere -, sulle superfici interne della chiesa (distacco degli intonaci, umidità di risalita) e sulle colonne della navata centrale (depositi grassi e particellato incoerente, decoesione e sfaldamento della superficie).
In questi interventi sono stati impiegati sempre materiali tradizionali compatibili chimicamente e fisicamente con quelli originari (malte di calce; tinte a calce e velature ad acquerello per gli intonaci; stucchi di calce e polvere di marmo per gli elementi lapidei, polvere di laterizio per i mattoni).   
 

Restorations of the architectural surfaces


The author explains the theoretical principle on which the technical solutions adopted were based: the absolute respect for the original surfaces in their state of conservation, with their appearance altered by time. Halting the process of deterioration, and intervening only where necessary to halt the further wear and tear of materials and prevent their future loss, means respecting the process of ageing and the changes suffered by the materials in time. It will thus be possible, at the end of the intervention, to “re-read” the monument, its history and age, simply by looking at it.
The next phase was that of cleaning. It was conducted in a differentiated manner (atomized water, soft brushes and scalpels), with the aim of eliminating only those substances that attack and cause damage to the monument: biological patinas, incrustations of chemically harmful materials, etc. In the case of gaps in the fabric, recourse was had to a diversified technique. Where it was necessary to reintegrate the lacunae because they were too large or too deep, hence liable to compromise the stability of the monument or interrupt the architectural design, reintegration was carried out using mortars that imitated as closely as possible the granulation and coloration of the original ones and with old bricks so as to avoid patination.
The operations of preconsolidation, cleaning, consolidation and protection were completed in the bell-tower – that presented problems of leaching of the bricks and stone elements –; on the 19th-century false façade wall above the portico where the plaster had lost both its cohesion and its original coloration; on the apse – where the bricks and mortar had been cracked and lost their cohesion; on the entrance portal (surface deposits and black encrustations); on the internal surfaces of the church (detachment of plasters, rising damp) and on the columns of the nave (greasy deposits, disintegrating particles, cracking and flaking of surfaces).
Traditonal materials chemically and physically compatible with the original ones (lime mortars; lime-wash tints and watercolour retouches for the plasters; lime and ground marble stuccoes for the stone elements, brick dust for the bricks) were always used in these interventions.